di Silvio Cappelli
Scoprire o meglio ri-scoprire a distanza di anni un pensatore come Ortega y Gasset, dopo aver approfondito la conoscenza filosofica su alcuni aspetti della riflessione novecentesca, ha il merito di produrre un immediato arricchimento intellettuale[1]. Ciò è dovuto già alla pura e semplice ‘cronologia’ dei testi orteghiani che interessa gli anni ’20 dello scorso secolo. Periodo decisivo in quanto gran parte de “i classici” del pensiero novecentesco sono stati scritti proprio in quell’epoca. Basti pensare alla monumentale Philosophie der symbolischen Formen (1921-1929) di Ernst Cassirer oppure di Zeit und Sein (1927) di Martin Heidegger, per non dimenticare un testo poco conosciuto oggigiorno, ma non meno “epocale”, come Der Geist als Widersache der Seele (1929) di Ludwig Klages[2]. Tutto il pensiero di quell’epoca, così meravigliosamente tragica, ruota in fondo ad un unico problema: l’essenza del fondamento. In altri termini, la filosofia pone in questione l’essere così come esso si presenta, andando alla ricerca dell’origine di senso dell’essere stesso. La filosofia diventa cioè elementare, perché indaga le strutture originarie dell’essere, che si danno già, sebbene non riconosciute, quasi nascoste da un “velo di Maia”. Da qui allora si comprende come una delle caratteristiche di molti pensatori dell’epoca, come dello stesso Ortega, sia stata quella di occuparsi di giornalismo (fatte salve ovviamente le esigenze “vitali” di sopravvivenza), scrivendo non solo molti articoli, ma dando allo stesso stile filosofico un carattere giornalistico, quasi di immediatezza e di frammentarietà…dell’essere. Notevole a tal proposito risulta essere l’analisi condotta da Ortega sull’epoca contemporanea negli articoli raccolti in Dinamica del tempo[3].
Partendo dall’osservazione immediata della vita quotidiana, Ortega ci conduce allo svelamento dell’essenza del tempo, appunto della sua “dinamica”, costituita dalla lotta tra vecchi e giovani, genere maschile e genere femminile. Lotta però che ben lungi dal fissare i termini del conflitto in modo “chiaro e distinto”, finisce in realtà per fonderli o con-fonderli paradossalmente. E del resto quell’epoca, che di fatto è ancora la nostra, ha vissuto sempre in una paradossale tragicità. La lotta tra vecchi e giovani sembra quasi richiamare alla mente la dinamica “padre e figli” di Turgenev, ma con un aspetto di diversità assoluto. La contrapposizione valoriale diventa contrapposizione fisica, elementare, vitale. Ed il paradosso sta in ciò: che i giovani si fanno portatori di valori primitivi (del resto non poteva essere diversamente visto che è la generazione della Grande Guerra), laddove invece i vecchi si presentano quali ultimi difensori della civiltà. Sono cioè i giovani che guardano al passato, ad un passato arcaico, al mito, al limite tra natura e storia, come fonte sorgiva a cui immergersi per rigenerarsi.
Stesso discorso per la “dinamica” di genere. La grande epopea dei diritti delle donne che tocca proprio negli anni ’20 il suo apice, porterebbe a pensare ad un ribaltamento di posizione di forza. Eppure, secondo Ortega, i modelli di emancipazione femminile sono dettati dagli uomini. Vale a dire, e questo è il paradosso, che la donna si emancipa prendendo l’uomo come riferimento. Dalla centralità del corpo alla moda, fino allo stile di comportamento, tutto ha in realtà un carattere maschile.
L’aver mostrato come la “dinamica del tempo” sia così paradossale, e continui ad esserlo, rappresenta l’aspetto più stimolante degli articoli di Ortega.
[1] Per un primo approccio al pensatore spagnolo cfr. Ortega y Gasset, Che cos’è filosofia, Mimesis, Milano 2013.
[2] L. Klages, Dell’Eros cosmogonico, Edizioni Pgreco, 2012. M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1971. E. Cassirer Filosofia delle forme simboliche, 3 vol., La Nuova Italia, Firenze 1961-1966.
[3] Ortega y Gasset, Dinamica del tempo (1927), in Maschile e femminile. Lo sguardo interiore nel pensiero di Ortega, a cura di Lucia Parente, Edizione Scientifiche Italiane, 2006.