Sergio Leone. Giù la testa (1971)

Film del 1971, uscito quindi in un periodo particolarmente “caldo” dal punto di vista politico-sociale, “Giù la testa” di Sergio Leone, viene inserito dai critici nella trilogia del tempo, che comprende “C’era una volta il west” del 1968 e il successivo “C’era una volta in America” del 1984. Film complesso propone problemi civili di impegno molto alto (l’azione si svolge in Messico nei primi anni del XX secolo, all’epoca di una rivoluzione non ben precisata) utilizzando schemi tipici del West: il bandito, la diligenza, il progetto di rapina in banca. La frase di Mao: “La Rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La Rivoluzione è un atto di violenza.” serve ad avvertire gli spettatori che nel film viene mostrato il volto più crudo della rivoluzione. Il film si basa sull’incontro-scontro fra due personaggi: John Mallory guerrigliero irlandese dell’IRA, fuggito dal paese d’origine, e Juan Miranda, peone messicano disilluso, preoccupato soltanto di riempirsi le tasche con il malloppo della banca di Mesa Verde. Juan è il popolo, che non sa niente di politica e vorrebbe ignorare la situazione per occuparsi soltanto del proprio interesse; John è il rivoluzionario, l’idealista deluso, che sa fin troppo bene come vanno le cose e vorrebbe disperatamente dimenticarlo. Inizialmente ostili, diversi per temperamento, cultura e anche aspetto, Miranda e Mallory, accomunati da un senso di sfiducia verso il cambiamento che può portare una rivoluzione, (“me ne è bastata una”, risponde John alla domanda postagli da Juan a riguardo del suo pensiero sulla rivoluzione messicana) entrano in simbiosi e contribuiscono a migliorarsi in maniera definitiva: il peone si rialza dalla polvere per impadronirsi di un’idea, il rivoluzionario recupererà il senso dell’amicizia fedele. L’amicizia tra i due non passa indenne dalla rivoluzione, così come la rivoluzione non passa indenne dalla loro amicizia: John e Juan, apparentemente così distanti, impareranno a conoscere la loro condizione di fratellanza attraverso le vicende tragiche che vivranno da protagonisti.

Il nome della rosa (1986)

Tratto dal romanzo di Umberto Eco, il protagonista è Guglielmo Da Baskerville, un frate il quale quando scoprirà che in un’abbazia in Italia avvengono diversi omicidi, deciderà di trovare l’assassino insieme al suo novizio Adso. Sul loro cammino però, verranno a conoscenza di una terribile verità. Il film parla da solo: un capolavoro perfetto in tutto. La regia di Annaud è maestosa, molte inquadrature del film sono delle vere e proprie opere d’arte, e gli attori sono formidabili: Sean Connery nel ruolo di Guglilemo, Christian Slater nel ruolo del giovane Adso, ma anche F. Murray Abrahams nel ruolo del frate cattivo e Ron Perlman nel ruolo di Salvatore, il gobbo. Cos’altro da dire? Montaggo ottimo, fotografia eccellente, scenografie straordinarie, buoni anche i momenti di suspence e ottima anche la sceneggiatura. Eccellente, un film veramente soddisfacente in tutto, non solo un thriller ma anche una vera lezione di cinema.

Antonio Gramsci. I giorni del carcere (1977)

00094306Scritto da Lino Del Fra insieme alla compagna – di vita e artistica – Cecilia Mangini, questo Antonio Gramsci – I giorni del carcere è un bel ritratto dello scrittore e politico avverso al fascismo che pagò le sue idee con la vita negli anni ’30 del Novecento; un ritratto nobilitato (e al tempo stesso limitato) da un’accuratissima ricerca storica che mette in scena il Gramsci più vero: quello che scaturisce dalle sue stesse parole, dalle sue stesse riflessioni, vergate durante gli undici anni trascorsi in galera. E ciò può essere anche un limite, sì: nella misura in cui la fiction e la biografia non riescono a ibridarsi concretamente, ovvero ad assumere una forma compatta, dando vita a una ricostruzione appassionata (anche grazie alle interpretazioni, soprattutto di Cucciolla e Bonacelli), ma al tempo stesso freddamente documentaristica, nè carne e nè pesce, nè cinema e nè tv, nè un film ‘liberamente ispirato’ agli scritti gramsciani, nè un lavoro ‘alla Rossellini’, prettamente didattico e nullo dal punto di vista estetico (anche se è quest’ultima caratteristica che fra le due prevale). Del Fra non era affatto nuovo a questo genere di lavori: dell’epoca mussoliniana e dei suoi atroci delitti si era già occupato quindici anni esatti prima nell’interessante All’armi siam fascisti; qui il ritratto è orientato su un personaggio solo, ma comunque ben contestualizzato e soprattutto focalizzato su un personaggio interessante da molti punti di vista: scrittore, politico, uomo. Nel cast anche Luigi Pistilli, Mimsy Farmer, Pier Paolo Capponi, Jacques Herlin; del montaggio si occupa Silvano Agosti; nota finale: due ore e dieci minuti non sono effettivamente poche. 6/10.

Rosa Luxemburg (1986)

die-geduld-der-rosa-luxemburg-movie-poster-1986-1020468490The film Rosa Luxemburg deals with an important period of German history.  While the film is about Luxemburg herself, the important points of the film are really about the developments in German Social Democracy and Socialism at that time, although these were important themes for and were a major part of Rosa Luxemburg’s own life.

At least that is the backdrop of the film.  Much like the film Reds, the historical characters are the focus.  The mood is also an important part of the film: the optimism shared by many characters that quickly fades to pessimism and confusion as the organizations like the Social Democratic Party begin to support Germany’s entry into WWI.

The film’s focus did have it’s shortcomings, however.  The two periods focused on the most in the film are firstly, Luxemburg’s involvement in socialist politics leading up to WWI and secondly her time in jail during the war itself.  The Spartacus League was not a focus of the group, even though it was an important group in the history of the German Left.  The Spartacist Uprising did play an important part towards the end, but it seemed a bit rushed in the context of the film that focused much on Luxemburg’s personal life.

It is quite interesting to see important historical figures fighting personal battles in the film.  For example even at dinner events, Luxemburg polemicizes against who she sees as “reformist leaders” who are not attached to the working class masses.  While some of these scenes seem a bit forced, watching it with politics in mind can be quite helpful.  Then again, films like this are usually watched by folks who are already somewhat interested in either in the particular kind of history being dealt with or in Left wing politics and theory.

Besides the over focus on certain parts of Luxemburg’s personal life (it was a biographical film after all), it was refreshing to view a film that contained polemics by revolutionaries against those who were turning away from that kind of politics at the time.  The split between Marxism and Social Democracy was an important moment for the European Left and particularly in Germany, where the SPD played a significant role in the promotion of Marxism and the working class movement itself.

While the film only deals with a small part of the German Revolution, and important and overlooked event in working class history, it is still an important contribution and deals with a famous historical figure of the Left.